venerdì 21 settembre 2018

Lettera ad un amico


Nascondiamoci dietro ad un dito. Qua tutti vogliono far credere che siamo un ambiente unito e compatto, una tifoseria che segue a prescindere dalla categoria, che il passaggio dalla B alla D è un fatto quasi indolore, che andiamo d’amore e d’accordo tutti, che tutti remiamo nella stessa direzione, che nessuno aspetta il primo errore di De Cesare. Che un prezzo di biglietto oggi non può incoraggiare o meno uno che non fa parte dello zoccolo duro o che ha un carattere diverso dal nostro e quindi deve essere incoraggiato per andare allo stadio. Penso che ne a me ne a te, mancavano mercoledì i 20 euro per andare in centrale, casomai anche una opportunità in più per farsi vedere da De Cesare. Ma noi abbiamo preferito stare con gli amici. Per me rivedere e sentire qualcuno che mi ha detto: è la prima volta che torno dal 2009. O quando ho rivisto un amico e ne son andato a chiamare un altro per dirgli... vedi che è tornato pure... perchè per me il tifoso, la curva, è stata per un certo senso una specie di famiglia e ogni tifoso bianco verde va visto come fratello. Ma oggi, questi principi non ci sono più, c’è la guerra a dire chi è più tifoso, a pensare alle proprie capacità, fisiche ed economiche, non c’è più la mentalità che più ne siamo e più riempiamo uno stadio obsoleto è troppo grande per i tempi moderni. Che in pochi quella distanza che passa tra la curva e la porta è una eternità. Che più ne siamo ed è più emozionante andare allo stadio, per tutti. Oggi come nella vita, come nella politica, come nello sport è troppo facile esaltare se stessi e “denigrare” gli altri per esaltare il proprio ego.

Di Salvatore Marzullo

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